- HOMEPAGE - CHI SIAMO - DOVE SIAMO - SERVIZI - ATTIVITA' -


ABBIAMO BISOGNO DEGLI OGM?
5 marzo 2005 A cura di Cristina Marello

Il 28 gennaio 2005, con il decreto legge sulla coesistenza tra agricoltura tradizionale, biologica e OGM, l’Italia apre le porte al transgenico.
Ci viene spiegato già nelle prime righe del Decreto stesso, che tale normativa è indispensabile per garantire la libertà d’iniziativa economica dell’agricoltore ed il diritto di scelta dei consumatori, valori questi che sarebbero lesi dall’impossibilità di scegliere di coltivare e mangiare prodotti OGM. In considerazione dello stato attuale di conoscenza scientifica che ancora non sa dare risposte certe riguardo ai rischi legati di contaminazione da prodotti geneticamente modificati, viene da chiedersi se sarà ancora possibile la libertà nel senso opposto, cioè scegliere di nutrirsi di prodotti non OGM!
Ma abbiamo veramente bisogno degli OGM?
Visto che l’adozione del piano di coesistenza sottintende l’introduzione degli stessi nel nostro paese chiediamoci per quale motivo questo destino sia così inevitabile.
Dal fronte pro-OGM giunge notizia che alcune produzioni tipiche dell’agricoltura italiana rischiano di sparire dal mercato per via di malattie non contrastabili dalle attuali tecniche a disposizione. Un esempio citato frequentemente è il pomodoro S. Marzano. Si paventa la scomparsa dalle nostre tavole di questo ortaggio a causa dei devastanti attacchi di un patogeno che causano la distruzione del raccolto. Stessa sorte, apprendiamo toccherà a breve alla melicoltura valdostana, messa in ginocchio dal maggiolino ... Unica possibilità di salvezza, ci spiegano, è la manipolazione genetica che renderà forti, belle e resistenti le piante di S. Marzano e le mele della Valle d’Aosta.
Il pomodoro S. Marzano rischia la scomparsa? E le tonnellate di prodotto che il mercato non riesce ad assorbire? Il crollo dei prezzi che mette in ginocchio gli agricoltori? Interi raccolti lasciati attaccati alle piante per evitare le spese di manodopera a raccogliere ortaggi destinati a restare invenduti? Che qualcuno stia dicendo una bugia?
Ma tralasciamo questi interrogativi per capire meglio il meccanismo con cui queste nuove piante OGM dovrebbero essere in grado di sconfiggere patogeni e malattie. Scendiamo nel dettaglio.
L’immissione nell’ambiente di un individuo resistente (la pianta OGM) ad un agente patogeno non può che creare un’alterazione dell’equilibrio nella catena alimentare definito “pressione di selezione”. L’agente patogeno, posto di fronte al rischio di estinzione per via dell’inattaccabilità della pianta ospite, andrà incontro ad una selezione genetica su tutti gli individui che ne compongono la popolazione fino a individuare nuovi ceppi capaci di superare la iniziale resistenza della pianta ospite. Nel gioco della vita nessuno ci sta a perdere e questa “corsa agli armamenti” è in atto fin dal primo palpito di vita sul nostro pianeta, le prede mettono in atto strategie di sopravvivenza e i predatori cercano di superarle per sopravvivere a loro volta.
Questo porta a due possibilità:
1)la creazione di individui geneticamente resistenti potrà funzionare solo a breve termine, dopodichè il parassita troverà nuove strade per svolgere la sua funzione. Conclusione: nella strategia di difesa fitosanitaria gli OGM funzioneranno per breve tempo;
2)il parassita non riuscirà a superare le difese immunitarie degli OGM. In tal caso il parassita è destinato alla scomparsa. Non è dato sapere quali conseguenze provochi l’estinzione di una specie vivente, sia pure minuscola, ma partendo dal presupposto che ogni individuo rientra in una biocenosi più ampia è lecito supporre che le conseguenze si ripercuoteranno su molte altre specie di organismi viventi.
Ma tralasciamo queste riflessioni tecniche di fronte al fatto che, ci dicono, gli OGM sono la risposta al problema della fame nel mondo.
Ci viene spiegato che si potrebbero creare coltivazioni capaci di produrre anche in condizioni estreme di siccità o dotate di vitamine che i parenti naturali non hanno.
Eppure qualcuno da anni si ostina a ripetere che il problema della sottoalimentazione e della malnutrizione non sono legati a fattori produttivi bensì a gravi squilibri sociali. Le sementi OGM non sono state messe a punto dalle multinazionali a scopo umanitario, non vengono regalate alle popolazioni bisognose, ne tantomeno possono essere riprodotte in campo dai coltivatori, che saranno costretti a riacquistarle anno dopo anno dai fornitori. Non è la mancanza di cibo la base del problema, è la sua distribuzione nel mondo.
Ma tralasciamo anche queste digressioni socioeconomiche per capire meglio come le piante transgeniche ridurranno l’inquinamento ambientale.
Si fa un gran parlare di piante che non si ammaleranno più, con grande risparmio di fitofarmaci che invece oggi si impiegano in dosi massicce sulle colture tradizionali.
Allora viene da chiedersi: per quale motivo le multinazionali, produttrici di antiparassitari si dedicano alla messa a punto di colture che non avranno più bisogno di trattamenti chimici? Si tratterebbe di un suicidio commerciale. Multinazionali che, travolte da spirito ecologista, sono pronte a subire gravi perdite economiche pur di mettere a disposizione della collettività piante che non necessitino più dei pesticidi che esse stesse producono!
Ad analisi oggettiva, fino ad ora le sementi in commercio sono o quelle resistenti ad uno specifico diserbante (prodotto dalla medesima ditta), in modo da poterlo distribuire in sicurezza su larga scala, oppure resistenti a patogeni che in Italia non sono mai stati oggetto di trattamento chimico (vedi piralide su mais).
Ma mettiamo da parte anche queste congetture perché all’improvviso scopriamo chi veramente attenta alla nostra salute: il mais da polenta.
Vi sono funghi patogeni che, grazie ai fori provocati un insetto (la piralide), penetrano nelle pannocchie di mais, e contaminano la granella con sostanze tossiche dette aflatossine. Il fronte pro-OGM sottolinea che non soltanto la via degli organismi transgenici metterà al sicuro da questo rischio ma addita come principale attentatrice della salute pubblica l’agricoltura biologica che invece produce e commercializza mais contaminato e polenta cancerogena.
Che cosa stanno cercando di fare i sostenitori del transgenico?
1)ingigantiscono un problema non reale (in Italia la piralide è considerata un fitofago secondario per il mais, i danni causati dall’insetto non giustificano interventi di lotta);
2)creano allarme e preoccupazione (poche e confuse informazioni generano paura e sospetto)
3)presentano l’OGM come unica soluzione possibile (mentre le aflatossinme sono legate al decorso climatico e alle modalità di essiccazione e conservazione della granella perciò l’immunità alla piralide non costituisce un principio di sicurezza)
4) spostano l’attenzione su un capro espiatorio (nel caso specifico l’agricoltura biologica che, più di ogni altro, sta sostenendo con forza la campagna OGM free ed è quindi il bersaglio perfetto).
Ricordiamo, per amore di chiarezza, che la piralide del mais è considerata un’avversità minore per questo cereale, non oggetto di trattamenti. Le aflatossine derivano da funghi che trovano occasione di sviluppo principalmente se le condizioni microclimatiche lo consentono (umidità). Scelta di una giusta classe di mais, densità di semina, concimazione equilibrata, epoca di raccolta, essiccazione della granella, controlli sulla qualità della razione alimentare bovina,sono azioni che rientrano in quella che normalmente si definisce “Buona Pratica Agricola” e sono quelle che assicurano una buona qualità del prodotto e assenza di contaminanti.
Ma tralasciamo anche questi particolari per capire meglio la posizione del mondo scientifico.
Si sta cercando, forse volutamente, di creare confusione attorno al dibattito sugli OGM: la scienza e l’etica contrapposte. Da un lato le scoperte scientifiche che aprono le porte al progresso e dall’altro la paura dell’ignoto.
Questo è falso: la comunità scientifica è tutt’altro che unita e univoca verso il transgenico.
La tecnica della manipolazione genetica è relativamente recente. L’inserimento di “pezzi” di genoma di un organismo vengono introdotti in un altro organismo completamente diverso. In natura il rimescolamento genetico avviene con regolarità e frequenza ma il tipo di intervento che si fa in laboratorio mai avverrebbe in natura, ad esempio geni di un pesce in una pianta di fragole, quindi i sostenitori degli OGM dovrebbero smettere di affermare, come invece fanno, che ciò che si fa in laboratorio non è diverso da ciò che avviene in natura. Ma ci sono due aspetti che non vengono mai discussi con franchezza:
a- l’effettivo grado di conoscenza della genetica;
b- la sorte degli organismi transgenici sotto l’effetto degli agenti mutevoli dell’ambiente non controllato.
Il principio della massima cautela viene preso di mira e deriso come un anacronismo. Ci sono ancora tante incognite da sciogliere sugli organismi geneticamente modificati e sul loro destino una volta immessi nell’ambiente. Ma sembra che l’unico futuro sia quello della coesistenza promulgata dal Decreto perché non siamo una civiltà ottusa e retrograda, ma siamo aperti alle innovazioni e al progresso. Saremo noi, popolazione ignara di produttori agricoli e consumatori a fare da cavie per i prossimi decenni.

torna ad elenco ATTUALITA'

- HOMEPAGE - CHI SIAMO - DOVE SIAMO - SERVIZI - ATTIVITA' -