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PLATEE IN CEMENTO
27 marzo 2009 a cura di Cristina Marello

A partire dagli anni ’90 ogni comune sito sul territorio italiano ha provveduto a recepire le norme e le direttive nazionali al fine di costituire il proprio Regolamento di Polizia Rurale. Tale documento riporta in dettaglio il Campo di applicazione, le Definizioni , l’Oggetto e le finalità del Servizio di Polizia Rurale, nonché le sue Competenze.
Come si evince già dalla denominazione stessa del documento, tale normativa ha come campo di applicazione il territorio comunale facente parte della zona rurale per assicurarvi il rispetto delle norme sanitarie, di igiene pubblica, di prevenzione incendi e delle altre norme vigenti.
Un particolare campo normato e controllato da tale regolamento è lo stoccaggio dei reflui zootecnici, dei quali è data una specifica definizione:
letame: il complesso delle deiezioni zootecniche, solide e liquide, provenienti da allevamenti con lettiera;
liquame: il complesso delle deiezioni solide e liquide provenienti da allevamenti privi di lettiera;
deiezioni: l’insieme delle deiezioni zootecniche classificabili come letame e come liquame.
Il Regolamento di Polizia Rurale di ciascun comune sito sul territorio nazionale impone, senza distinzioni, che le stalle con due o più di 12 q.li di peso vivo mediamente allevato devono essere fornite di apposita concimaia, costruita in conformità delle disposizioni contenute nel presente regolamento, delle previsioni del R.D. 1 dicembre 1930, modificato dalla legge 25 giugno 1931 n. 925 e secondo le disposizioni tecniche impartite dalle U.L.S.S. in base alle leggi stesse, nonché dagli artt. 233 e segg. del T.U. delle Leggi Sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265 e comunque alla normativa sanitaria ed urbanistica vigente. In sintesi si impone lo stoccaggio dell letame in concimaie con platea impermeabile, poste a debita distanza da corsi d’acqua. E’ comunque contemplata, come misura straordinaria e comunque solo in forma temporanea la possibilità di stoccare le deiezioni zootecniche in cumuli sul terreno, questo soltanto in aperta campagna a conveniente distanza dai corsi d’acqua e in località che non diano luogo, per la loro posizione, a possibilità di inquinamenti a carico di corpi idrici superficiali e di falde acquifere.

L’insieme di queste norme danno luogo di fatto a restrizioni e non senso che impediscono all’agricoltore di svolgere la più elementare e tradizionale pratica di buona agricoltura che è il compostaggio in cumuli per la maturazione della sostanza organica ai fini della fertilizzazione dei campi.
In primo luogo è da segnalarsi come i Regolamenti Comunali non evidenzino in alcun modo la profonda diversità sotto il profilo ambientale e igienico che esiste tra liquame e letame ma, soprattutto, tra deiezioni zootecniche provenienti da aziende convenzionali, biologiche e biodinamiche. Le profonde differenze nel sistema di allevamento, a partire dall’alimentazione, alla qualità del materiale di lettiera, al carico di bestiame per metro quadrato, comportano differenze enormi nel tipo di deiezioni e sull’impatto che queste creano sul territorio.
In secondo luogo è da segnalarsi come l’urbanizzazione degli ultimi trent’anni, avvenuta in maniera a dir poco illogica nelle campagne italiane, pregiudica fortemente l’attività contadina, perciò è sempre più improbabile per l’imprenditore agricolo possedere campi “in aperta campagna” mentre si assiste a un fenomeno di grandissima polverizzazione delle unità aziendali in un’infinità di minuscoli appezzamenti sparsi su un territorio semiurbanizzato. Sono sempre meno le realtà di grandi cascine con vaste estensioni accorpate di campi coltivati, soprattutto in Piemonte e non solo, le aziende subiscono tutti gli svantaggi e i danni economici della polverizzazione della SAU.
Tutto ciò fa si che nella quotidianità, il Regolamento di Polizia Rurale imponga senza distinzioni, la costruzione di platee in cemento a tutte le aziende agricole che abbiano un carico di bestiame anche minimo. Ricordiamo infatti che ipoteticamente un bovino produce annualmente un quantità di letame stimabile in 25 volte il proprio peso. Ciò significa che per avere un carico di bestiame sufficiente per fertilizzare una superficie coltivata di un ettaro occorrono almeno 4 capi adulti che producano circa 300 quintali di letame, ebbene, i vigenti regolamenti impongono la costituzione di idonea concimaia per un allevamento di queste dimensioni: un’azienda con una superficie così esigua che intenda rendersi autonoma sotto il profilo della gestione della fertilità del suolo è obbligata a un investimento tutt’altro che trascurabile sotto il profilo economico e ambientale per costruire una platea in cemento. Resta da chiedersi quale impatto abbia sul suolo, sull’ecosistema e sul paesaggio una simile costruzione, se il cemento sia a lungo termine una sostanza più benefica della sostanza organica nel suolo, resta da chiedersi se un imprenditore di una piccola realtà contadina non decida che sia meglio impiegare concimi di sintesi ad alta salinità e dilavabilità, piuttosto che allevare qualche vitello che fornisca carne, latte e fertilizzante. Resta da chiedersi se l’eutrofizzazione delle falde, se l’eccesso di nitrati negli ortaggi da foglia, se le sedimentazioni di catrame nei letti dei corsi d’acqua sia da imputarsi al letame che è composto da sostanze naturali o da concimi di sintesi realizzati su sottoprodotti dell’industria petrolifera.
Riguardo all’emissione di odori sgradevoli e pungenti ricordiamo, come già detto che è ormai estremamente difficile per l’agricoltore di oggi conciliare la propria attività agricola con l’espansione urbanistica che ha invaso il territorio rurale scacciando i contadini dal loro elemento e rendendo sempre più impraticabile il lavoro ai pochi rimasti. Purtuttavia è comprensibile e condivisibile che le abitazioni civili e i privati cittadini non possano essere esposti al rischio igienico e all’emissione di odori sgradevoli e molesti. Il nodo nevralgico è proprio questo: il cumulo di letame. Che cos’è, quali rischi comporta? Ad oggi il personale preposto per il controllo e la sorveglianza del rispetto delle norme igienico-sanitarie e del regolamento di polizia rurale considerano il cumulo di letame alla stregua di un deposito di sostanze tossiche e nocive. Di fatto questa posizione ha reso e rende impossibile per gli agricoltori biologici e biodinamici, che più di ogni altro si adoperano per la tutela e il rispetto del territorio, allestire un cumulo per il compostaggio secondo le regole e i dettami della buona pratica agricola. In particolare il cumulo biodinamico è considerato alla stregua di un attentato alla sanità pubblica e i contadini biodinamici sono oggetto di diffide e denunce agli organi competenti per la violazione delle norme igieniche pubbliche. Questo fatto è intollerabile oltrechè assolutamente falso. Intollerabile perché i danni igienici e sanitari causati dall’agricoltura sono stati causati proprio da quelle pratiche intensive e industrializzate che non hanno usato scrupoli nel riversare nel suolo, nell’aria e nell’acqua diserbanti, fertilizzanti e pesticidi capaci di contaminare l’intero pianeta per decenni e decenni dopo il loro impiego (ricordiamo il ddt che ha un emività superiore ai quarant’anni). Falso perché il cumulo per il compostaggio e il cumulo biodinamico sono allestiti secondo precisi criteri che hanno quale scopo la egradazione naturale della sostanza organica in humus. Tale processo è innanzitutto INODORE, in secondo luogo si svolge ad ALTE TEMPERATURE con la distruzione di organismi nocivi eventualmente presenti, e infine immagazzina in molecole complesse una grande quantità di CARBONIO e qui vogliamo ricordare che la riduzione di emissioni di carbonio nell’atmosfera è uno degli obbiettivi più ambiziosi del protocollo di Kyoto. Se questo può far sorridere all’idea che si tratti di una goccia nel mare ricordiamo che la massa di matrice organica mediamente impiegata per la fertilizzazione di un ettaro di terreno è di 300 quintali all’anno. Se consideriamo valida una stima approssimativa per difetto della superficie agricola italiana pari a 13 milioni di ettari sparsi su tutto il territorio nazionale e vogliamo calcolare anche solo un 10% di questa superficie come oggetto di pratica di fertilizzazione (e in questo andiamo a escludere tutti i pascoli che pur non concimati nel senso tradizionale, sono oggetto di spandimento naturale di deiezioni) otteniamo una superficie di un milione e trecentomila ettari di suolo agrario ipoteticamente fertilizzato con sostanza organica. Non stiamo stimando la quantità di letame distribuito annualmente sul territorio italiano, stiamo delineando il quadro potenziale di ciò che potrebbe essere: 300 quintali ad ettaro su una superficie di oltre un milione di ettari costituiscono una massa di 390 milioni di quintali di molecole in grado di assorbire e stabilizzare carbonio in forme organiche disponibili e vitali. Il processo di industrializzazione, la cementificazione, la distruzione dei cicli naturali, la desertificazione dei suoli hanno trasformato il carbonio in un inquinante dell’atmosfera! Dalla molecola fonte della vita alla molecola portatrice di morte…
Richiediamo che i regolamenti in materia di cementificazione delle aree di stoccaggio delle deiezioni zootecniche siano applicati nel rispetto delle funzioni e delle finalità dell’agricoltura biologica e biodinamica, che l’imposizione della costruzione di platee di cemento e i divieti di stoccaggio di cumuli biodinamici siano rivisti in funzione del riscontro oggettivo dell’assoluta assenza dei rischi paventati in materia ambientale e igienica e che siano predisposti appositi articoli di regolamentazione che non impediscano de jure e de facto lo svolgimento dell’attività agricola sul territorio, territorio della cui tutela e salvaguardia gli agricoltori biologici e biodinamici si fanno tutori e garanti.

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