LA
FAVA
12 marzo 2007 A cura di Cristina Marello
La
fava (Vicia faba o faba vulgaris) è una leguminosa papilionacea,
conosciuta e coltivata fin dall’antichità nel bacino mediterraneo
e nell’area mediorientale come alimento per l’uomo e per gli
animali. Il suo impiego è quindi diversificato: per il consumo
della granella, sia fresca che secca, per il bestiame come foraggio proteico
ed anche come sovescio per il mantenimento e incremento della fertilità
del suolo. Se ne conoscono tre varietà botaniche facilmente distinguibili
per la dimensione del seme: major, minor ed equina , di queste è
la prima ad essere impiegata per la coltivazione nell’orto e il
consumo umano. La Vicia faba minor, conosciuta come favino è stata
rivalutata negli ultimi anni come interessante essenza da sovescio, nonché
oggetto di studi per l’autoapprovvigionamento proteico nelle aziende
zootecniche italiane. Questo aspetto è di particolare importanza
per le aziende biologiche, biodinamiche e per tutti quegli operatori che
preferiscono orientarsi verso colture alternative alla soia. Si tratta
comunque di una specie che ama climi caldi e il favino, destinato alla
produzione di granella, ha finora dato risultati estremamente variabili,
legati all’andamento climatico. L’impiego invece come essenza
da sovescio, sia pura che in miscela con altre essenze atte ad aumentare
il rapporto C/N della massa che si andrà a incorporare nel suolo,
risente meno dell’effetto di climi più rigidi in quanto la
pianta è interrata ben prima della sua fruttificazione.
La Vicia faba major, la fava degli orti, è coltivata per la sua
granella che può essere consumata fresca o essiccata. I semi di
fava secchi hanno un alto contenuto proteico: la loro composizione media
è infatti la seguente: sostanza secca 85%, sostanze azotate 23-26%,
ceneri 3%, grassi 1,2%, fibra grezza 7%, estrattivi in azotati 48%.
In Italia e nel bacino mediterraneo è presente e nota la malattia
del favismo. Il favismo è un difetto congenito di un enzima normalmente
presente nei globuli rossi, la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, essenziale
per la vitalità degli eritrociti e in particolare per i processi
ossidoriduttivi che in essi si svolgono. La carenza di questo enzima provoca
un'improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e quindi la comparsa
di anemia emolitica con ittero, quando il soggetto che ne è carente,
ingerisce fave. Forse a causa di questo fenomeno, e comunque per una certa
difficoltà di digestione che questo legume presenta, nell’antichità
molti filosofi ne avversarono con forsa il consumo. Sotto il profilo biodinamico
ed antroposofico si può dire che la fava, e in genere molte leguminose,
è fortemente soggetta all’impulso astrale che agisce principalmente
sull’albumina e questa forte astralità provoca disordini
nell’organismo aereo dell’uomo.
La fava predilige terreni profondi dove le radici, di norma piuttosto
espanse, possano svilupparsi senza difficoltà. Per contro non ha
particolari esigenze nutritive avvantaggiandosi dei proficui rapporti
trofici di scambio con microrganismi azoto fissatori. La fava ben si adatta
a climi miti, l’epoca di semina dipende dall’andamento climatico
del territorio: in autunno nelle regioni a clima mite e in primavera in
quelle settentrionali dove l'inverno è più freddo. Si semina
a file in solchi distanti 50-60cm e con semi a 30 cm di distanza fra loro
sulla fila, ricoprendo leggermente il seme dopo averlo collocato a dimora.
E’ altresì possibile inserire la fava in uno degli anelli
più esterni nel caso di voglia praticare l’orticoltura circolare.
Il seme si colloca nel terreno a una profondità di 5-8 cm a seconda
del rischio di gelate, Il seme non ha di norma problemi di germinazione
ma è possibile fare bagni in acqua a temperatura ambiente per 24
ore prima della messa a dimora. Assolutamente da evitarsi, o comunque
da applicarsi con estrema cautela, la concia umida in acqua calda (per
sospette infezioni batteriche a carico del seme) perché le proteine
del seme si alterano molto facilmente e basterebbe un minimo sbalzo termico
per inattivare la semente. Per quanto riguarda le cure, la fava non è
una coltura esigente avvantaggiandosi comunque di una rincalzatura primaverile
e di sarchiature per eliminare le infestanti. Tra le varietà più
note e coltivate c’è la Aguadulce', precoce e molto produttiva,
ma le varietà locali autoctone sono innumerevoli.
I problemi di ordine fitosanitario sono principalmente legati ad attacchi
di afide nero e tonchio per i quali si può intervenire ad esempio
con macerati d’aglio e ortica che hanno effetto repellente ed insetticida
al contempo, particolarmente efficace è la consociazione o comunque
la vicinanza ad arbusti d’alloro per ridurre le infestazioni di
tonchio.
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