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Il noce da frutto (Juglans regia)
A cura di Cristina Marello
27 febbraio 2012

Esistono oltre venti specie appartenenti al genere Juglans ma l’interesse agronomico per i nostri areali è puntato esclusivamente sul noce europeo o noce comune, ovvero Juglans regia.
La coltura del noce offre interessanti spunti agronomici e commerciali, soprattutto se collocata all’interno di una pianificazione territoriale volta a costituire e consolidare un paniere di frutta secca di origine locale. Ricordiamo che fino agli anni ’60 il nostro Paese è stato leader europeo nella produzione ed esportazione di noce con una produzione nazionale di 70.000 tonnellate/anno. Negli ultimi quarant’anni la coltivazione ha continuato a contrarsi fino ad attestarsi a livelli produttivi che coprono a stento la metà del fabbisogno interno. Anche la famosa Noce di Sorrento ha subito una drastica contrazione di mercato, esperti del settore affermano che tale dato è da imputarsi anche ad un mancato adeguamento a sistemi produttivi più moderni che possano garantire uno standard qualitativo elevato costante nel tempo. Parallelamente alla contrazione della nocicoltura italiana, gli USA hanno quintuplicato le loro produzioni e relative esportazioni.
Attualmente il primo Paese produttore di noci è la Cina, tuttavia la domanda interna è tale da essere a malapena soddisfatta, lasciando ad altri mano libera su un mercato in costante espansione. L’Italia ad esempio importa principalmente da California e Cile. La produzione interna copre meno della metà del fabbisogno nazionale e i dati statistici vedono la superficie a noceto in graduale contrazione, seppure il consumo non sia affatto calato negli ultimi anni, tutt’altro. Complice anche il diffondersi di campagne d’informazione salutiste, questo frutto è stato ampiamente rivalutato sotto il profilo energetico e alimentare e molti studi medici ne attestato i pregi e i benefici. Questo fattore ha contribuito ad aumentare i consumi e quindi la richiesta sul mercato. Ha un elevato contenuto di OMEGA 3 e OMEGA 6, di Vitamina E, di Vitamine del gruppo B, di sali minerali e oligominerali, di aminoacidi essenziali: per questo la noce è considerata un prezioso completamento di una dieta quotidiana bilanciata e medici nutrizionisti consigliano di consumarne con regolarità tutto l’anno e non solo durante i mesi invernali.
Il Piemonte presenta un profilo pedoclimatico molto adatto al noce, d’altronde in passato la sua coltivazione era assai più diffusa. Ovviamente se si intende procedere ad un impianto di noce occorre razionalizzare la tecnica di coltivazione per poter gestire una pianta che, se lasciata sviluppare liberamente, può raggiungere un diametro del fusto di oltre un metro ed un altezza superiore ai 25 metri.
La scelta varietale si basa sia sull’adattabilità che sulla qualità merceologica del frutto. In tal senso gli aspetti da considerare sono tre: la dimensione del frutto, il colore del guscio e la resa alla sgusciatura. Noci con diametro inferiore ai 3 cm non hanno praticamente mercato e una colorazione troppo scura del guscio non è gradita al consumatore, infine una scarsa resa alla sgusciatura (intesa come rapporto tra il peso del gheriglio e il peso del frutto intero smallato) deprezza notevolmente la produzione. Le varietà che oggi si dimostrano più promettenti per adattabilità e produttività nell’areale piemontese sono quelle di origine francese e californiana. Citiamo in particolare:
Franquette (Francia): pianta a fruttificazione apicale, frutto di dimensione media e buona resa allo sgusciato. Prevalentemente impiegata come impollinatore
Lara (Francia): pianta a fruttificazione laterale, molto produttiva. Frutti con diametro medio 33-38 mm, frutto di forma globosa con guscio solido ma di facile rottura e di colore chiaro-ambrato. Il peso della noce secca varia da 9 a 13 gr e offre una resa del 52-55%
Chandler (USA): Pianta a fruttificazione laterale, frutto di forma ovale con una larghezza media di 30 mm e un’altezza di 38 mm. Ha guscio chiaro e fragile, peso medio compreso tra 9 e 13 gr e una resa del 52-55%
Tulare (USA): pianta a fruttificazione laterale, varietà a frutto tondeggiante con guscio e gheriglio chiaro. Il guscio è piuttosto resistente alla rottura, la resa alla sgusciatura è del 53%

In generale le piante a fruttificazione laterale su modello americano sono più produttive. Le varietà francesi presentano una fioritura più tardiva e una qualità del frutto migliore. La varietà più diffusa attualmente in Italia è Lara.
E’ decisamente probabile che esistano ecotipi locali che presentino caratteristiche interessanti per produttività e gestibilità vegetativa ma allo stato attuale l’intera filiera è da costituirsi, a partire dal monitoraggio delle popolazioni, selezione del materiale e produzione del relativo materiale di propagazione.
La tecnica colturale deve essere razionalizzata per poter generare un reddito interessante. L’abbandono progressivo della coltura è stato infatti causato dalla scarsa cura degli impianti, con alberi di taglia elevatissima, scarsa produzione anche dovuta a strategie fitosanitarie inesistenti ed estrema difformità del prodotto. L’obbiettivo di un noceto moderno, su modello francese o americano, è quello di ridurre la taglia delle piante consentendo la meccanizzazione delle operazioni colturali. Le piante devono essere giocoforza innestate per poter fronteggiare la notevole spinta vegetativa, si intende quindi passare da veri e propri boschi costituiti da piante d’alto fusto (come già detto un noce può superare i 25 m d’altezza) a siepi di piante gestibili con potatura meccanizzata e una densità d’impianto che passa da un centinaio di piante/ha secondo il metodo classico, a 250-400 piante/ha. A seconda che si tratti di varietà a fruttificazione laterale o apicale, il sesto d’impianto varia da 7x8 m a 8x8 m. La drastica riduzione della taglia e l’aumento della densità d’impianto rendono necessaria l’irrigazione, si rende anche possibile la difesa fitosanitaria che su piante libere è invece pressoché impossibile.
La potatura d’allevamento prevede il modello piramidale mentre la potatura di produzione può anche essere eseguita meccanicamente ogni 2-3 anni. Il noce porta su rami dell’anno e, analogamente al nocciolo, porta fiori maschili e femminili che fioriscono scalarmente per via del fenomeno della proterandria. Proprio per via della fioritura anticipata dei fiori maschili, il noce, seppure autofertile, richiede impollinatori. La scelta del tipo e della quantità di impollinatori va fatta con cura in quanto un eccesso di polline può determinare l’effetto contrario e determinare sterilità nell’ovario del fiore femminile. Una varietà a fioritura tardiva ma a maturazione precoce rappresenta l’ideale per climi a decorso primaverile e autunnale piovoso, con il rischio di gelate tardive. Il noce infatti, pur resistendo a temperature invernali pari a -20°C, è assai sensibile ai ritorni di freddo. A tal proposito va ricordato che in linea generale le varietà californiane sono più precoci rispetto a quelle francesi.
La pratica dell’innesto e la necessità di ottenere un buona qualità del prodotto, ovvero pezzatura media elevata ed elevata resa alla sgusciatura, rende l’irrigazione necessaria con un apporto idrico medio stimato pari a circa 6000 metri cubi d’acqua all’anno. La produzione media attesa è di circa 40 q.li/ha con prezzi variabili tra 2,20€/Kg e i 2,80€/Kg. Le problematiche di ordine fitosanitario che si possono manifestare in Italia sono: batteriosi a carico della vegetazione, carpocapsa e mosca a carico del frutto. Nel primo caso i trattamenti rameici eseguiti a primavera sono assai efficaci, la lotta alla carpocapsa segue l’analogo modello individuato per il melo, per la mosca sono in via di registrazione alcuni prodotti a base di spinosad che hanno manifestato buona efficacia contro il dittero.
La coltura nel noce richiede un investimento d’impianto modesto, così come ridotte sono le spese di gestione rispetto ad altri fruttiferi. Non si richiedono strutture di sostegno e la potatura, come la raccolta, è di tipo meccanico con notevole contenimento dei costi. Sulla base delle spese d’impianto e di gestione e sulla durata di un impianto, che può arrivare fino ai trent’anni, si stima un reddito netto annuo di circa 5000€/ha. Ovviamente rimanendo nell’ambito del prodotto venduto tal quale dall’azienda agricola. E’ a questo punto che occorre effettuare una valutazione economica aziendale e di comprensorio e valutare l’acquisto, anche collettivo al’interno di progetti cooperativistici, di macchinari per la lavorazione e trasformazione del prodotto stesso. Il prodotto conferito deve infatti essere sottoposto a smallatura, lavaggio, calibratura ed essiccazione, prima ancora di essere destinato al confezionamento o a sgusciatura e successive trasformazioni. L’acquisto e predisposizione di una linea di lavorazione è un investimento cospicuo che trova giustificazione qualora le superfici e le produzioni conferite siano elevate. Ma il prezzo del prodotto finito può ampiamente ripagare l’esborso iniziale.
Nella giornata del 24 febbraio 2012, a Verduno (CN), è stato presentato proprio uno di questi progetti di promozione e valorizzazione del paniere locale di frutta secca. L’obbiettivo è quello di riportare il noce sul suolo piemontese diffondendo impianti ottimizzati per densità e produzione. Sono in corso studi capillari e indagini di territorio per la valutazione e selezione di varietà locali. Si tratta di un lavoro lungo e minuzioso, che darà i primi risultati non a breve termine. Parallelamente quindi, sulla base della valutazione delle varietà presenti sul mercato e che meglio si adattano alle condizioni pedoclimatiche nostrane, sono state gettate le basi per un progetto di filiera che raggruppa produttori, trasformatori e società di distribuzione con la finalità di creare un paniere di frutta secca piemontese garantita nei suoi aspetti di tracciabilità e rintracciabilità.

 

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