LE
OROBANCHE
11 febbraio 2009 a cura di Cristina Marello
Il Regno Vegetale
comprende piante che, incapaci di sintetizzare dagli elementi minerali
e nutritivi materiale sufficiente per la loro crescita, svolgono azione
parassitaria nei confronti di altri organismi vegetali. Le piante parassitarie
sopperiscono alla loro deficienza fisiologica utilizzando le sostanze
elaborate dalle piante ospiti. Le piante parassitarie di interesse agrario
appartengono ad alcune specie di due famiglie: le Orobanchaceae (orobanche)
e le Convolvulaceae (cuscuta): le prime parassitizzano l'apparato radicale
delle piante ospiti, le seconde aggrediscono il fusto dell'ospite. L’azione
parassitaria si esplica quindi attraverso lo stretto contatto del parassita
con l’ospite e la nutrizione diretta del primo a spese del secondo.
La pianta infestante, qualunque essa sia, si comporta in maniera differente
in quanto essa esplica un’azione di competizione per spazio, luce,
acqua ed elementi nutritivi con le piante adiacenti con le quali però
non instaura alcun rapporto di tipo diretto.
L’azione delle piante parassitarie ha per conseguenza il progressivo
indebolimento delle piante parassitizzate, in caso di colture agrarie
si manifesta un danno sia in termini di diminuzione di resa, sia di danno
qualitativo del prodotto.
Il genere Orobanche comprende un centinaio di specie erbacee quasi cosmopolite,
prive di clorofilla, parassite radicali di molte piante. Tra le specie
presenti in Italia le più diffuse sono: Orobanche ramosa (che attacca
solanacee), Orobanche crenata, Orobanche cernua, Orobanche. minor e O.
rubens (che prediligono le leguminose),e ancora Orobanche gracilis. Ricordiamo
anche l’esistenza delle False orobanche. Si tratta di una patologia
diffusa sul tabacco e segnalata anche in Italia. E' caratterizzata dalla
presenza sulle radici di masse tumorali di varia grandezza da cui emergono
piccoli germogli di forma irregolare. L'agente causale non è stato
accertato definitivamente: trattamenti di tipo ormonale, squilibri ormonali
con alterazione del rapporto citochinina/auxina, batteri del genere Agrobacterium
sono stati più volte chiamati in causa. Le masse tumorali si formano
sulle radici principali e secondarie e circondano le radici totalmente
o in parte. Su queste masse si formano in seguito strutture simili a piccoli
germogli con foglioline clorotiche di forma irregolare e non fuoriuscenti
dal terreno. Altri germogli che si formano alla base del fusto fuoriescono
invece dal terreno e sono capaci di produrre piantine normali. I danni
generalmente consistono in sviluppo ridotto delle piante attaccate con
perdite produttive.
Il termine Orobanche deriva dal greco orobos (legume) e ànchein
(soffocare). Le orobanche si insediano sulle radici di altre piante e
attraverso l’azione parassitaria riescono a vivere e proliferare
alle spese dell’ospite. Producono grandissime quantità di
semi che grazie al vento vengono dispersi nell’ambiente superando
anche grandi distanze. Possono inoltre essere trasportati attraverso le
acque di scorrimento, attraverso le deiezioni egli animali o dall’uomo
stesso. I semi possono rimanere in quiescenza molto a lungo, mantenendosi
vitali anche per vent’anni.
Non sempre le orobanche costituiscono un problema. In passato, in varie
regioni d’Italia è stata addirittura una risorsa alimentare.
Ad esempio in Puglia dove, con il nome di sporchia, veniva consumato ad
esempio friggendo il turione in olio o impiegato anche come rimedio depurativo
del sangue. Oggigiorno, con l’impiego massiccio di antiparassitari
e diserbanti e con l’abuso di lavorazioni invasive e profonde del
suolo, le orobanche costituiscono un problema sporadico.
Le arature profonde costituiscono infatti un efficace metodo di contenimento,
soprattutto quando i turioni presenti abbiano già disseminato.
L’eliminazione diretta dei turioni è un metodo sicuramente
valido, anche se poco applicabile su grandi appezzamenti. Esistono anche
“piante trappola” come l’aglio ad esempio, che stimola
la germinazione delle orobanche ma non ne viene infestato, in tal modo
si abbatte notevolmente l’infestazione. Pratiche di pulizia del
suolo attraverso la solarizzazione che, ricordiamo, non provoca la sterilizzazione
del suolo né il temuto effetto di vuoto biologico, o l’attuazione
di sovesci con piante biocide, costituiscono pratiche valide nel ripristino
di un equilibrio biologico a livello dell’ecosistema agrario. L’eccessivo
proliferare di una specie parassita rappresenta la reazione naturale a
un fattore di squilibrio. Tenendo sempre a mente che l’esercitare
la pratica agricola sul territorio è già in sé un’azione
di squilibrio a carico dell’ambiente, possiamo scegliere di prenderci
la responsabilità delle colture che attuiamo, difendendole dalle
aggressioni esterne. Attuare strategie di contenimento e non azioni distruttive,
rappresenta un approccio preservativo e conservativo nei confronti dell’ambiente,
e non distruttivo. Un modo di coltivare che rende l’agricoltore
un vero Custode della Terra.
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