IL
SEDANO (Apium graveolens)
3 maggio 2008 a cura di Cristina Marello
Il sedano è
un ortaggio appartenente alla famiglia delle ombrellifere. Per la coltivazione
se ne distinguono tre varietà: il dulce che raggruppa le cultivar
da costa, il rapaceum ovvero il sedano rapa, e il silvestre il cui aroma
forte e pungente ne rende adatto l’impiego come pianta aromatica
da condimento.
Il sedano dulce presenta selezioni a costa bianca, a costa verde e a costa
dorata. Anche la taglia può presentare notevoli differenze passando
da varietà nane e compatte che non superano i 40 cm di altezza
al loro massimo sviluppo, a varietà giganti che raggiungono anche
i 90 cm. Ovviamente la taglia è fortemente influenzata, oltre che
dal genotipo, anche dalla tecnica colturale. Il sedano infatti è
una pianta che sfrutta molto bene la ricchezza organica del suolo e la
disponibilità idrica. In suoli poveri o in condizioni di stress
idrico si ottengono produzioni scarse sia sotto il profilo quantitativo
(minor resa) che qualitativo (coste fibrose e addirittura cave, sapore
forte o piccante).
Si tratta di una pianta il cui ciclo biologico è biennale con la
crescita vegetativa il primo anno e la fase riproduttiva nel secondo.
Il ciclo colturale è invece medio-lungo con la raccolta delle coste
a 60-75 giorni dalla germinazione. A causa delle difficoltà di
germinazione del seme, nonché della dimensione stessa del seme
e della plantula, la tecnica abituale prevede la semina in semenzaio e
il successivo trapianto in tunnel, serra o pieno campo. Le piantine sono
molto fragili e la crisi da trapianto può causare danni severi
alla coltivazione sia in termini di moria che di ritardi nello sviluppo.
Le plantule sotto stress che entrano in stasi vegetativa diventano molto
suscettibili ad attacchi parassitari. Per questo motivo occorre mettere
in atto tutti i migliori accorgimenti per ridurre al minimo il trauma
della messa a dimora. Sono innanzitutto da preferirsi le piantine con
panetto di terra rispetto a quelle prelevate “a strappo” cioè
a radice nuda, anche consigliabile un’immersione radicale in una
sospensione di fladen dinamizzato in acqua. In tal caso è meglio
bagnare il panetto di terra dopo l’estrazione dal supporto (vasetto
o alveolo) perché il rigonfiamento del substrato organico così
imbibito ne ostacolerebbe il corretto distacco. Sulla base del calendario
lunare è opportuno eseguire sia la semina che il trapianto in giorni
di Terra/Radice. Per trapianti precoci, soprattutto in pieno campo, è
opportuno proteggere le piantine dagli sbalzi termici e dall’irraggiamento
solare con un copertura tipo tessuto-non-tessuto o paglia in modo da consentire
un acclimatamento graduale. L’impianto è a file distanti
circa 50 cm tra le file e 25 cm sulla fila in modo da consentire le operazioni
di sarchiatura e rincalzatura. Il sedano sfrutta bene la ricchezza organica
del suolo e si avvantaggia anche della coltivazione su letto caldo. Richiede
abbondanti e frequenti irrigazioni, possibilmente localizzata a goccia
o a scorrimento. L’irrigazione per aspersione favorisce invece l’insorgenza
e la diffusione di malattie fungine quali la Septoria, la Cercospora e
la Ruggine. La sensibilità a questi patogeni è molto variabile
da una varietà all’altra, alcune vecchie varietà quali
il sedano Giuseppe (antica varietà a costa bianca del basso Piemonte)
è stata pressoché abbandonata nel corso degli anni proprio
a causa dell’altissima suscettibilità in favore di ibridi
più resistenti anche se certo non paragonabili in termini di gusto,
profumo, croccantezza e sapidità. La difesa fitosanitaria si basa
su trattamenti di copertura. Il rame è efficace ma occorre tenere
conto di alcune limitazioni: il lungo periodo di carenza, la possibilità
di macchiare il prodotto, inibizione della crescita vegetativa, eventuali
fenomeni di fitotossicità soprattutto in concomitanza con abbassamenti
di temperatura, aumento della fibrosità delle coste (fenomeno legato
alla combinazione dei due effetti precedenti). In conclusione il rame
si può impiegare? Si, ma prediligendo formulazioni a base di idrossido
rispetto all’ossicloruro o al solfato, scegliere formulazioni a
basso dosaggio, rispettare le dosi segnalate in etichetta e porre molta
attenzione alle modalità di distribuzione. E’ infatti molto
importante una buona copertura con una finissima nebulizzazione e una
certa turbolenza che consenta alle goccioline di penetrare bene nella
vegetazione. Grande efficacia i prodotti a base di propoli, purchè
impiegati in trattamenti ripetuti, possibilmente attivati con minime quantità
di zolfo. Discretamente efficace è il tè di equiseto. Macerati
d’aglio e cipolla sono ottimi rimedi sia come misura preventiva
che curativa, nonché la consociazione stessa con queste colture
e con il pomodoro è di ottimo aiuto nella prevenzione. La comparsa
di marciumi del colletto, principalmente causati da Sclerotinia, sono
indice di una non ottimale gestione delle rotazioni, o di ristagni idrici
da imputarsi a eccessivi volumi d’adacquamento (o abbondanti piogge
per le colture in pieno campo) e ristagni in terreni poco drenanti. In
terreni vitali ed organici e in presenza i colture sane, l’instaurarsi
di tali funghi patogeni è fortemente ostacolato da microrganismi
antagonisti (Streptomyces sp.p, Fusarium antagonisti, Trichoderma, Gliocladium,
etc…) che colonizzano la materia organica, le superfici vegetative
sfruttando gli essudati radicali. In caso di terreni stanchi o in presenza
di elevato rischio fitosanitario, può essere utile realizzare un
sovescio con essenze biocide (rafano, brassica juncea,…) nella stagione
precedente la coltura, al fine di ridurre la popolazione di patogeni tellurici.
Oltre a ciò è sempre auspicabile impiegare letame ben compostato
per la fertilizzazione: ciò aumenta sensibilmente la presenza di
microrganismi utili nonché la biodiversità del suolo. Allo
stesso modo l’impiego del preparato 500 e del fladen migliorano
l’equilibrio biotico del terreno. Ad esempio si può effettuare
un bagno radicale, al momento del trapianto, in una sospensione di fladen
dinamizzato per un’ora alla dose di 100 gr in 30 litri d’acqua
tiepida.
La lyriomiza trifolii è un dittero minatore che può creare
infestazioni anche gravi su colture intensive. La larva di questo insetto
scava gallerie nelle foglie producendo vistose mine bianco-argentate che
deprezzano notevolmente il prodotto. Per le colture protette l’impiego
di reti è scarsamente efficace in quanto l’adulto è
un moscerino di dimensioni molto ridotte, capace di penetrare nei tunnels
e nelle serre attraverso fessure minuscole. Le trappole cromotropiche
(i ditteri sono attratti dal colore giallo) sono utili più come
monitoraggio che come vero e proprio contenimento dell’infestazione.
Dall’osservazione periodica del fondo vischioso si può verificarne
la comparsa e programmare con tempestività l’eventuale intervento
di lotta. Poiché l’adulto infigge l’uovo nel parenchima
fogliare, gli insetticidi che agiscono per contatto sono inefficaci contro
gli stadi giovanili. Maggior utilità, anche per l’effetto
repellente nei confronti della femmina in ovideposizione, è l’impiego
ripetuto di olio di neem e di macerati di aglio e cipolla. Infine, particolarmente
efficace in ambienti controllati quali serra e tunnel, è il lancio
di Diglyphus isaea, imenottero parassitoide allevato e commercializzato
da diverse “biofabbriche” italiane ed estere. L’impiego
di ausiliari in agricoltura non è certo una novità, ma con
l’impiego sempre più massiccio di antiparassitari, la loro
azione è fortemente compromessa e poco integrabile nelle aziende
orticole convenzionali. Anche in agricoltura biologica è comunque
opportuno non effettuare trattamenti insetticidi contro il minatore fogliare
se si sceglie di effettuare un lancio di D. isaea, in quanto se ne comprometterebbe
il risultato. Ad esempio Azadiracta indica ha un indice di mortalità
del 50-75% nei confronti di D. isaea. Il parassitoide è normalmente
commercializzato nella sua forma quiescente di pupa che sfarfallerà
una volta giunta a destinazione e collocata nella coltura. Le confezioni
contengono alcune centinaia di individui che, grazie a cicli vitali brevissimi,
all’altissima efficienza parassitaria delle femmine e alla loro
velocità riproduttiva possono efficacemente proteggere la coltura
dalle infestazioni. Di assoluta importanza è però la tempestività
dell’intervento e questo è fattibile con il ricorso alle
trappole cromotropiche.
Una buona programmazione degli avvicendamenti nell’orto e la consociazione,
dalla quale il sedano trae grandi vantaggi, riduce fortemente l’insorgenza
di problematiche fitosanitarie a carico di questo ortaggio. E’ una
pianta molto esigente in termini di acqua e di nutritivi perciò,
a scanso di delusioni, è meglio evitarne del tutto la coltivazione
in terreni poveri e stanchi. Come tutte le ombrellifere, il sedano vive
ed esprime con forza la polarità tra Cielo e Terra e se si vuole
coltivare questa pianta con successo non si può omettere di consultare
attentamente il calendario biodinamico per programmare semine, trapianti
e le varie operazioni colturali.
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