LA
TENTREDINE DEL PERO
17 aprile 2009 a cura di Cristina Marello
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Si
tratta di un fitofago che appartiene alla famiglia degli Imenotteri.
E’ diffuso in Italia e in tutta Europa e svolge il proprio ciclo
a spese del pero. Compie una sola generazione all’anno: lo svernamento
avviene in forma di larva matura nel terreno dove, a poca profondità
essa costruisce una celletta e nella quale, a primavera, si impupa.
Lo sfarfallamento degli adulti avviene in concomitanza con il periodo
di fioritura dei peri e le femmine vanno ad ovideporre sui calici
fiorali. Le larve a 4-5 giorni dalla nascita compiono una prima muta
e penetrano nella parte centrale del ricettacolo dove divorano i tessuti
formando un'ampia cavità dalle pareti nerastre. Compiuta la
seconda muta la larva fuoriesce dal frutticino attraverso un foro,
per poi penetrare entro un altro frutticino ed in casi eccezionali
entro un terzo. |
Le perine infestate si riconoscono per la presenza di un anomalo rigonfiamento
o di una macchia scura in corrispondenza del punto in cui è avvenuta
la puntura e per la rosura che fuoriesce dalla galleria scavata dalla
larvale. I frutticini infestati finiscono poi per cadere al suolo. Raggiunto
lo stadio di larva matura, la tentredine si lascia cadere al suolo dove
resterà fino alla primavera successiva. Le infestazioni posso essere
molto variabili da un anno all’altro, con stagioni caratterizzate
da attacchi elevatissimi ed altre campagne durante le quali la tentredine
non si manifesta affatto.
Poiché l’esito dell’attacco è distruttivo è
buona norma monitorare il frutteto fin dai primi stadi vegetativi per
verificare la presenza dell’insetto e l popolazione. Un campione
rappresentativo che dia informazioni utili sullo stato di infestazione
è rappresentato da almeno un centinaio di bottoni fiorali esaminati
su una ventina di piante per ogni ettaro di frutteto. La soglia di danno
può considerarsi superata quando si riscontri la presenza di uova
o larvette sull’8-10% dei bottoni fiorali esaminati. Il monitoraggio
può anche essere effettuato impiegando trappole cromotropiche di
colore bianco da collocare nel frutteto un paio di settimane prima della
fioritura. Queste vanno controllate ogni 3-4 giorni per monitorare il
volo degli adulti. Si considera quale superamento della soglia di intervento
15-20 adulti/trappola per settimana.
Le varietà a fioritura precoce tendenzialmente sono meno attaccate
dalla tentredine rispetto alle cultivar più tardive. Qualora si
presenti la necessità di contenere l’infestazione con un
intervento diretto occorre agire con molta cautela poiché si va
ad agire proprio in concomitanza con la fioritura e il rischio per i pronubi
è molto elevato. Possono svolgere un’azione di contenimento
nei confronti di Hoplocampa brevis oli vegetali, Azadiracta indica ed
estratti a base d’aglio. Il Bacillus thuringiensis non è
assolutamente efficace, ricordiamo infatti che la tentredine è
un imenottero e non un lepidottero. Il piretro, pur attivo contro l’insetto
in tutte le sue forme, non offre alcuna garanzia di salvaguardia nei confronti
dei pronubi a causa dell’effetto abbattente ad ampio spettro d’azione.
Anche i trattamenti insetticidi al bruno non svolgono un’azione
mirata poiché le forme svernanti permangono a livello del suolo
e non sulla pianta. Più mirate possono essere ad esempio leggere
lavorazioni del suolo autunnali, magari in concomitanza con la distribuzione
del cornoletame, come azione diretta contro le pupe svernanti.
Nel contenimento delle infestazioni di Hoplocampa brevis gli organismi
utili giocano un ruolo molto importante: coccinellidi, sirfidi, imenotteri
parassitoidi, uccelli insettivori, nematodi entomopatogeni. Per il contenimento
delle popolazioni di tentredine l’applicazione al terreno di nematodi
entomopatogeni. È particolarmente interessante. Numerose prove
sperimentali evidenziano sia l’efficacia di Steinernema carpocapsae
e, soprattutto, di S. feltiae e Heterorabdtisi
megidis nel parassitizzare le larve di tentredine. Si inoltre rilevato
che la loro persistenza nel
terreno è sufficiente a coprire il lasso temporale in cui le larve
mature del fitofago abbandonano i frutti per portarsi al terreno. E’
logico dedurre quindi che maggiore è la carica biologica vitale
dell’agroecosistema e maggiore è l’azione dei microrganismi
utili nel contenere entro la soglia di danno questo fitofago. Se da un
lato quindi può periodicamente presentarsi la necessità
di effettuare interventi diretti, è fondamentale attuare strategie
di rivitalizzazione e preservazione della biodiversità a livello
del frutteto: dalla realizzazione di siepi arbustive sempreverdi per ospitare
e favorire insetti utili e fornire riparo agli uccelli insettivori, all’uso
selettivo di molecole attive al fine di preservare l’entomofauna
utile, fino alle pratiche biodinamiche finalizzate all’incremento
e mantenimento della vitalità dei suoli dove organismi utili quali
Steinernema sp.p possano trovare l’habitus ideale.
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